ARTE: PONTE DI UMANITÀ

Come missionarie comboniane siamo presenti in Messico con un impegno per la giustizia sociale e la difesa dei diritti umani, specie nella realtà delle migrazioni. Dopo l’elezione di Trump, la nostra presenza è diventata ancora più cruciale, dato l'aumento del numero di migranti bloccati nel Paese, a causa delle politiche restrittive statunitensi. Con l’inasprimento delle misure come la "Remain in Mexico Policy" (MPP), che obbliga i richiedenti asilo a rimanere in Messico mentre i loro casi vengono esaminati, Città del Messico ha visto un aumento di campi profughi informali in mezzo a infinite sofferenze e tensioni sociali.
Visitando gli accampamenti dei migranti presenti nelle varie zone della città e accompagnando il loro cammino nelle case di accoglienza, incontro famiglie che ogni giorno lottano con determinazione e con fiducia in Dio. Loro non perdono la speranza di poter andare avanti, di alzare lo sguardo e riconquistare quella dignità che viene spesso calpestata, umiliata e defraudata. In cammino con loro, io vivo un incontro edificante tra culture che si accolgono, si aiutano e si sostengono, creando così una rete di solidarietà unica.

Collaboro con la chiesa locale e con altre organizzazioni nazionali e internazionali nelle case di accoglienza, cercando di fornire supporto umano, psicologico e legale; aiuto anche con attività di sviluppo e crescita integrale della persona attraverso laboratori di arte-terapia di gruppo e ascolto attento e attivo con colloqui personali. L'arte ha il potere di trasformare e, nei laboratori di arte-terapia realizzati con i migranti, questa forza trasformatrice si manifesta in maniera straordinaria, diventando uno strumento di crescita, consapevolezza e integrazione.
Attraverso il processo creativo, i migranti - soprattutto donne, adolescenti, ed alcuni uomini - hanno l'opportunità di esplorare il proprio vissuto, dare voce alle proprie emozioni, rafforzare il senso di appartenenza alla propria cultura e, soprattutto, creare legami solidari con la comunità locale. I migranti portano con sé storie di viaggi, di privazioni, ma anche di speranza. Nei laboratori di arte-terapia, attraverso il disegno, la pittura, la musica e la scrittura creativa, loro possono raccontare la propria storia in modo non verbale, scoprendo nuove prospettive su ciò che hanno vissuto e trovando un senso nel loro camminare verso un futuro migliore.
L’arte, in fondo, è un ponte tra le persone, un rifugio per l’anima e un cammino verso la pace. In questa missione, così sfidante e arricchente, non posso non sentirmi erede del Comboni che credeva fermamente nella dignità di ogni persona, indipendentemente dalla sua origine, cultura e religione. Comboni lottava per la giustizia e l’inclusione sociale in terre e popoli umiliati e dimenticati. Se fosse vissuto oggi, sicuramente avrebbe rivolto la sua attenzione ai migranti, vedendo in loro non solo persone in situazioni di sofferenza e disperazione, ma anche portatori di ricchezza culturale e umana.
Io continuo la mia missione seguendo i suoi passi e sento che Comboni ci invita tutti, ancora oggi, a guardare i migranti con occhi di speranza, riconoscendo in loro il volto di Cristo sofferente e sperando in un futuro più fraterno e giusto. L’esempio di Comboni incoraggia me e le mie consorelle ad essere costruttrici di ponti di umanità, promuovendo la cultura dell’incontro e dell’integrazione, specie in quest’anno giubilare della speranza.
Noi ci impegniamo a camminare insieme, come donne di speranza, continuando a tessere legami di fraternità, unità e vita.
Suor Kathia Di Serio